venerdì 15 ottobre 2010

Emanuele Di Nunzio - Traccia 2

Tutto nasce da un ricorso presentato da una cittadina italiana di origine finlandese, Sig.ra Lautsi, i cui figli andavano a scuola ad Abano Terme (Padova) e che mal tollerava il fatto che nelle aule dove i figli studiavano fosse appeso alle pareti il crocefisso.
Sia il Tar che il consiglio di Stato che la corte Costituzionale davano torto alla sig.ra basandosi sul Regio Decreto 965 art 118 del 30 aprile 1924.
Di diverso avviso invece la Corte Europea dei diritti dell'uomo, la quale sostenendo che questo rappresentava un limite alla libertà religiosa, imponeva la rimozione e obbligava lo stato italiano ad un risarcimento nei confronti della signora di 5000 euro.
Lo Stato è tenuto alla neutralità confessionale lo scopo della scuola è di accrescere la capacità degli alunni a pensare.
Il Governo Italiano ha presentato immediatamente ricorso, il ministro dell'istruzione On. Gelmini sottolineava il fatto che il simbolo della nostra croce rappresenta la nostra tradizione, la nostra cultura, la nostra storia.
Il Vaticano sottolineava come la sentenza di Strasburgo rappresentasse una pesante interferenza.
Non mancavano anche però indicazioni a favore della sentenza tutti basati sul principio della laicità dello stato.
Io sono un cristiano a tutti gli effetti, sono stato educato con questi principi e con queste regole, sono cresciuto abituato a vedere il crocifisso come un segno di amore come un regalo fatto dal nostro signore.
Quando a scuola da piccolo entravo e lo vedevo mi dava pace, serenità e gioia, non ho mai pensato che il crocifisso potesse essere messo in discussione, specialmente in un nazione dove la Santa sede trova la sua dimora.
Poi poco alla volta tramite giornali e telegiornali si è cominciato a discutere sul crocifisso nelle aule scolastiche e da qui per forza uno è obbligato a riflettere.
È chiaro che la prima cosa che viene in mente è che sono a casa mia e, a casa mia, faccio quello che voglio, la nostra religione è questa e se non piace agli altri non importa, sono loro che si devono adattare; poi però non si è soddisfatti di una risposta così sbrigativa, sei obbligato a riflettere e si parte proprio dalla nostra religione che impone bene, tolleranza e rispetto del prossimo.
Successivamente si riflette sull'aspetto sociale: le persone che vengono da noi devono essere inserite con rispetto e il rispetto deve proprio partire dalla loro religione.
Allora la domanda è: cosa succede se il crocifisso non viene più appeso? Forse viene meno l'amore per il mio signore? Il mio signore ama la divisione? O non ci considera tutti fratelli?
Arrivo pertanto alla conclusione che non ho bisogno del simbolo appeso alla parete, io il crocifisso me lo porto nel cuore, e rispetto chi ha una religione diversa dalla mia l'importante è il rispetto reciproco la tolleranza e l'integrazione.
Pensare che se vado in un paese diverso qualcuno la pensa come me mi aiuta a star meglio.

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